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SCRITTURA
La prima forma d'espressione umana capace di comunicare
a distanza nello spazio e nel tempo. Indipendentemente dall'evoluzione
dei segni attraverso i quali si è realizzata, non sempre alfabetici,
nei circa 5.000 anni della sua relativamente breve esistenza la scrittura
convisse con il parlato e, in tempi più recenti, con i sistemi
radiofonici, telefonici e telematici di riproduzione e trasmissione della
parola. Inizialmente ebbe carattere pratico e fu usata da mercanti e da
amministratori, ma presto divenne appannaggio di caste di potere, soprattutto
nell'ambito magico-religioso e giuridico (libro).
La visione eurocentrica, durata fino ai primi del Novecento e anche oltre
nella vulgata culturale, fece addirittura coincidere l'inizio della storia
con la pratica della scrittura, cioè con la possibilità
dei popoli di raccontarsi; si distinsero dunque popoli della scrittura
e popoli senza scrittura automaticamente inferiori, finché l'antropologo
inglese B.K. Malinovskij non dimostrò che popoli ricchi solo di
tradizione orale avevano tuttavia prodotto importanti culture.
SUONI, IMMAGINI E SEGNI. La prima scrittura nacque come pittura
ed è detta, appunto, pittografica: l'uomo primitivo che
dipingeva animali sulle pareti della caverna che l'ospitava, inconsapevolmente
scriveva. Il ripetersi di alcuni elementi di questi disegni, per esempio
le sagome differenti dei diversi animali, portarono lentamente al formarsi
di un sistema ideografico nel quale la parola coincideva con l'oggetto
rappresentato: un sistema di segni ovviamente sconfinato. La diffusione
della scrittura non si ebbe finché non sorsero le scritture fondate
su un alfabeto fonetico, fatto di un numero
limitato di segni. L'evoluzione della scrittura fu anche dovuta alle caratteristiche
dei materiali impiegati, dalle tavole di pietra e di metallo a quelle
di legno ricoperto da vernici o da cera, dalla pergamena al papiro fino
alla carta. Il carattere magico-religioso della scrittura era evidente
presso gli egizi che ne attribuivano l'invenzione al dio Thot, signore
della parola e del linguaggio e, per questo, capace di creare o distruggere
l'universo. Non è ancora possibile dimostrare quali popoli abbiano
usato per primi la scrittura fuori dall'ambito religioso ma è certo
che ciò accadde con l'invenzione dell'alfabeto fonetico, quasi
certamente non in Europa ma in Asia minore e in Egitto. In quest'ultimo
paese, come dimostrò il francese J.F. Champollion (1790-1832),
la primitiva scrittura geroglifica, che era originariamente di tipo ideografico,
andò evolvendosi verso un sistema di segni acrofoni: lettere
che rappresentano, cioè, il suono iniziale del nome dell'oggetto
visivamente rappresentato dall'ideogramma. La scrittura che si diffuse
nel mondo antico fu però quella semitica, sviluppatasi in contatto
con l'alfabeto egizio e anch'essa di derivazione ideogrammatica: dalla
Mesopotamia si estese alla Palestina e alla Siria, nelle città
fenicie. Popolo di navigatori e mercanti, i fenici furono i veri artefici
della diffusione dell'alfabeto, allora ancora privo di segni vocalici,
nell'area del Mediterraneo, nella quale però le loro lettere subirono
tante modificazioni che è spesso difficile riconoscerne l'origine
comune. In Grecia la scrittura alfabetica fu perfezionata con l'aggiunta
dei segni per le vocali, che modificarono nel suono o sostituirono lettere
fenicio-semitiche; l'alfabeto greco passò agli etruschi e, via
via, ad altre popolazioni italiche attraverso le colonie greche. La stessa
origine semitico-fenicia ebbe la scrittura araba, che ne conservò
il tratto arcaico dell'andamento da destra a sinistra. La comunanza delle
scritture di origine semitica è rivelata dal ristretto numero di
lettere, mentre alfabeti di altra origine ne hanno molte di più
(il sanscrito, per esempio, più di trecento).
IN ASIA E NELL'AMERICA PRECOLOMBIANA. Nell'Asia orientale e sudorientale
sono diffuse due scritture d'origine diversa: una alfabetica, di derivazione
indiana, presente in gran parte dell'Indocina e in Indonesia, l'altra
ideografica, di derivazione cinese, presente in Vietnam, Corea e Giappone.
In Cina, a partire dalle prime rozze iscrizioni su ossa di animali o gusci
di tartaruga del II millennio a.C., la concezione ideogrammatica produsse
numerosissime forme di scrittura: i segni-parola contenuti nel primo grande
dizionario del Kangxi, composto tra il XVII e il XVIII secolo, sono 44.449
e molte migliaia di essi sono tuttora in uso. Un numero tanto alto di
segni (oltre 210 sono le radici grafiche che permettono di comporli) non
poteva non tenere la scrittura in Cina lontana da un uso generalizzato,
almeno fino alle grandi campagne di alfabetizzazione promosse dal governo
comunista dopo il 1950; i successivi tentativi di introdurre un alfabeto
fonetico moderno incontrarono resistenza non solo da parte dei tradizionalisti
anche perché una scrittura più aderente al parlato, assai
differente nelle diverse regioni del paese, non poteva mantenere l'unità
linguistica che, almeno nella scrittura, il sistema ideografico consentiva.
In Giappone le scritture sillabiche, derivate nei secoli dagli ideogrammi
cinesi, non li sostituirono mai completamente, così che andò
strutturandosi una scrittura giapponese basata contemporaneamente su tre
tipi di caratteri: ideogrammi cinesi, katakana e hîragana.
Di difficile decifrazione sono le scritture dell'America precolombiana:
gli aztechi usavano una scrittura di tipo pittografico, i maya una, più
progredita, di tipo essenzialmente ideografico ma con una presenza di
segni fonetici.
LA FORMA DELLE LETTERE. La nozione di scrittura si sovrappose spesso
a quella di calligrafia, ossia di bella scrittura: nell'alfabeto latino
si usavano in origine solo le maiuscole e l'introduzione delle minuscole
derivò soprattutto da un tentativo di semplificazione. Gli arabi
considerarono sempre un'arte la scrittura: già prima del Mille,
a Baghdad, Ustad Ahwal compose il primo canone calligrafico e nello stesso
periodo probabilmente a Kufa, città da cui prende nome, fu elaborato
l'armonioso e ornato stile cufico, che conobbe una straordinaria fortuna
sia nelle arti minori (manoscritti, monete, tessuti, ceramiche) sia nella
decorazione architettonica, di cui costituì un elemento di importanza
sconosciuta all'arte cristiana.
P. Guardigli

G.R. Cardona, Antropologia della scrittura, Loescher, Torino 1981.
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